Padova 8
Preghiere dei ragazzi
- Signore, ti prego di proteggere questi ragazzi e le loro famiglie. Veglia su tutti loro e su chi parte per un lungo viaggio. Fa che non si sentano soli. Amen.
- Signore, ti ringrazio per l’opportunità che ci stai dando in questi giorni di conoscere nuove persone e le emozioni che hanno da trasmetterci. Ti prego affinché Joussef e Omar, insieme a tutte le altre persone partite oggi riescano a concludere il loro viaggio arrivando in una meta sicura e ricca di opportunità.
- Aiutami ad essere grata per tutto ciò che ho, e rendermi consapevole della mia fortuna e dei miei errori, affinché possa diventare una persona un po’ migliore. Amen.
- Signore, ti prego per tutti i bambini, ragazzi e adulti che sono stati costretti ad abbandonare la loro casa affinché possano riuscire a vivere la vita che avevano desiderato.
Ti prego per tutte le famiglie separate perché riescano a ricongiungersi, per tutti i ragazzi da soli perché trovino qualcuno che li accompagni e li supporti.
Ti prego che in questi giorni possiamo donare momenti di spensieratezza e divertimento, o essere di supporto per le persone che incontriamo al campo.
Ti prego affinché non smettano mai di avere quella forza di volontà e determinazione che abbiamo scoperto li contraddistingue. Amen. - Signore, aiuta loro che con gli zaini sulle spalle partono senza certezze, rasserena i genitori preoccupati alleviando con la tua presenza i loro dolori e l’umiliazione per non avere un paio di scarpe, invece alimenta la spensieratezza dei figli affinché con la loro energia positiva contagino chi incontrano, e dona a noi che li incontriamo forza per riuscire a dire di no e non farci coinvolgere troppo, pazienza e tenacia per rinunciare alle nostre esigenze in favore delle loro.
Ancora, Signore, ti affidiamo le nostre orecchie affinché tu le tenda ad ascoltare i bisogni dell’altro, e le nostre mani affinché tu le guidi a compiere i piccoli gesti che possono fare la differenza.
Infine ti prego di perdonarci e di aiutarci ad accettare quando non siamo come vorremmo. Amen.
Racconto della scarpa
Vi volevamo raccontare una storia.
Tutto ha inizio a Sarajevo in una piccola città che si trova in Bosnia, in cui qualche anno fa al posto di fare la pace si faceva la guerra. E non tutti sono ancora guariti delle ferite di guerra, quindi noi siamo partiti dalla nostra sede scout per poter conoscere cosa significhi. Inoltre, nel mondo di guerre ce ne sono ancora tante, e molte persone che scappano dalle guerre finiscono in Bosnia: siamo andati nei campi profughi per dare una mano a bambini e ragazzi che non hanno le stese opportunità di gioco dei nostri bambini.
Adesso vi racconto un episodio nei giorni in cui siamo stati lì con loro.
Quella mattina ci eravamo divisi in due gruppi, uno che andava a giocare con i ragazzini più grandi è l’altro che doveva sistemare un magazzino pieno di vestiti, alcuni ancora intatti, altri invece pieni di muffa e sporcizia. Tutto d’un tratto è arrivato un papà con un bambino per chiederci un paio di scarpe per suo figlio, in quel momento noi eravamo tanto emozionati così siamo corsi verso di loro e gli abbiamo subito cercato un paio di scarpe, da lì in poi iniziò ad arrivare sempre più gente a chiederci le scarpe, noi in quel momento ci siamo sentiti come se fossimo ad un mercato, come quello di prato della valle, eravamo super gasati!
Però ad un certo punto è arrivata una guardia del posto che ci ha detto che non potevamo assolutamente distribuire scarpe a nessuno, e iniziò a riprendere le scarpe a tutte le persone a cui le avevamo distribuite, tranne al primo bambino che ci aveva chiesto le scarpe.
Di preciso non sappiamo perché non abbia ritirato le scarpe anche al bimbo, ma noi speriamo che dentro di lei si sia accesa qualche tipo di emozione come si era accesa a noi. Noi un po’ infastiditi dalla sua scelta perché non capivamo il motivo, non abbiamo potuto disobbedire ai suoi ordini, come quando un genitore oppure un insegnante ci dice di fare qualcosa e dobbiamo obbedire per forza, noi ci siamo sentiti come in quelle situazioni. Comunque finito di fare quello che ci avevano chiesto e siamo andati via.
Ma la cosa più bella di tutte è successa nel pomeriggio quando il padre che avevamo conosciuto prima è venuto a ringraziarci per le scarpe che avevamo donato a suo figlio anche se non erano per l’estate, erano un paio di scarponcini da montagna e fuori c’erano 30 gradi! Tuttavia, i bambino stava giocando con noi, con le sue scarpe invernali e aveva un sorriso da un lato a l’altro della faccia che era contagioso.
In quel momento ci siamo accorti che un piccolo gesto può fare la differenza, perché poter avere un paio di scarpe non è sempre da dare per scontato.
Speriamo che con questa storia vi sia arrivata un minimo di emozione che noi abbiamo potuto provare in quei giorni.
Veglia RS
Dialogo sul campo profughi
Cora: Ciao, mi chiamo Cora, sono arrivata in Bosnia ieri sera, oggi inizierò una settimana di servizio in un campo profughi…non so cosa aspettarmi, ho un po’ paura, ho sempre visto immagini cupe, recinzioni, filo spinato, schiere di tende, fango, desolazione…spero di riuscire ad essere utile, di poter aiutare davvero le persone, di poter fare la differenza è cambiare davvero le cose
la mattina seguente
Cora: sto entrando al campo e la visione mi sorprende, non vedo tende, solo stabilimenti in cemento, quelli delle varie associazioni, vedo baracche container e in legno, vedo servizi igienici, un parco giochi, un campo da basket, una specie di teatro all’aperto e soprattuto dei sorrisi…tutto questo mi sconvolge, positivamente si intende, ma non me l’aspettavo. Nel campo ci sono due zone, una per i minori non accompagnati e una per le famiglie, con i loro bambini.
Appena entrato mi si para davanti un signore, ha una pettorina azzurra, dice di essere della associazione world chiederne…mi parlotta un po’ di regole in un pessimo inglese e mi fa firmare un foglio, sul quale c’è una sterminata lista di regole sul campo per il trattamento dei minori:
Non posso toccarli, non posso scambiarci segni di affetto, non posso fare foto o video, non posso intervenire in un litigio tra due bimbi, non posso fargli promesse, non posso, non posso, non posso…..sono molto rigidi, ma io mi fido
Arrivo alla sezione della Caritas…mi si presenta il capo, si chiama Mira
Mira: Ciao io sono Mira, molto piacere, mio italiano un po’ cosi ma conta poco
Cora: Mira mi abbraccia
Mira: benvenuti in nostro campo, questo è nostra piccola isola felice, hai già incontrato quelli di world chiederne? Puah! Fastiodiosi, troppo rigidi, io me ne frego, io abbraccio e bacio, io chiamo con nomignoli, mi piace fare foto…già questi hanno vita dura, cos’è vita senza affetto e sorriso….tu non preoccupare, fate come credete poi parlare con me
Cora: È una forza della natura conosce tutti e tutti le vogliono bene, arriva la mattina, prepara il caffè per tutti, poi parla con le persone, è un riferimento,e ci sa davvero fare
Nel campo faccio animazione ai bambini e ai ragazzi, giochiamo a pallavolo, a calcio, a memory, li faccio disegnare… ogni tanto mi si avvicina qualcuno per chiacchierare…. C’è un ragazzo russo
Maksim: ciao mi chiamo Maksim, sono scappato da Russia, non mi piaccio e le scelte del governo, vivo per le strade da due anni, vorrei andare in Irlanda , si dice che li si vive bene…mi piace suonare la chitarra e cantare, anche se sinceramente sono stonatissimo, ma mi cimento, adoro il grunge-rock
Cora: parla un inglese strano, ma devo dire bravo….mi si avvicina un padre con il suo bambino,ieri gli avevo dato un paio di scarponcini per il figlio presi dal magazzino, era felicissimo…vuole dirmi qualcosa
Padre: sono qui con mio figlio, mia moglie è rimasta indietro….per favore, puoi portarmi in Europa
Cora: lo lo guardo con il cuore in mano…gli dico che purtroppo non posso farlo, che mi dispiace…è una sensazione orribile, di impotenza…ho conosciuto un altro ragazzo, è sordo-muto, viene dall’ Afghanistan . Ho passato tutta la mattina a cercare di comunicare a gesti e con l’aiuto del telefono e di una mappa, è riuscito a spiegarmi la storia del suo viaggio
Mohamed: mi chiamo Mohamed, sono partito a piedi dell’Afghanistan due anni fa, arrivati in Grecia ci hanno fermato, denudato, derubato dei nostri effetti personali,picchiato per scoraggiarci e poi stipati in un furgone caldissimo per ributtarci fuori dal confine…la stessa cosa è successa in Croazia, ho provato più volte a passare il confine, ci sono riuscito solo due mesi fa….vorrei andare in germania, li parlano la tua stessa lingua? Puoi insegnarmi a scriverla? Li voglio lavorare finché non avrò abbastanza soldi per volare in America,li si fa la bella vita…. Ma tu, potresti portarmi in germania?
Cora: ancora una volta mi trovo ad dover rispondere che non posso…farsi spiegare tutto questo a gesti è stato davvero un impresa dura. Ho conosciuto tanti altri ragazzi e bambini, alcuni più energici e spensierati, come Princess, altri più tristi, sconsolati….man mano che la settimana volge al termine mi rendo conto che non posso cambiare nulla, che sono solo di passaggio, che al massimo posso portare un po’ di sorriso per quel poco tempo che passo qui, e contribuire in minima parte a ciò che tutte queste persone portano avanti giorno dopo giorno dopo giorno….l’ultimo giorno vengono tutti a salutarmi, i genitori voglio farmi foto assieme ai loro figli, i bambini inseguono la mia macchina urlando e salutandomi fino all’uscita del campo…odio dover andare via, un giorno tornerò, tutto quel che ho vissuto resterà