Ricordi

Padre Bè S. J.

uno stralcio di un articolo di Benedetto Patrizi

 

……sono ricordi di venti anni fa, ma, anche se inevitabilmente confusi nei particolari, sono nitidi per me nella sostanza.

Noi vivevamo l’avventura più bella della nostra adolescenza in un clima di lealtà, di semplicità, di grazia e di gioia, che ha contribuito moltissimo a fare di noi quello che siamo. Due momenti di ciascun giornata sono indelebilmente eternati nel mio ricordo: la Messa del mattino ed il fuoco serale. Nell’una e nell’altra occasione Padre Be’ ci formava, ci parlava, ci educava perfezionando poi la sua opera negli incontri e nei colloqui con ciascuno di noi, nella confessione e fuori di essa.

La sua parola era semplice, ma sostanziosa, soprattutto era sincera, era vissuta, penetrava, per dirla con un termine oggi attuale, nella nostra dimensione esistenziale. Padre Be’ riscuoteva la nostra fiducia, riusciva a farci aprire, a dirci la parola giusta, a darci serenità e coraggio. La sua tecnica era, mi sembra, il colloquio aperto, senza eccessiva preoccupazione di metodologia. Lui ci ascoltava, ci portava il frutto della sua esperienza, ci dava soluzioni che venivano dalla sua Fede e dal suo amore. Era convinto che il bene si fa volendo bene e pagando di persona.

Non si tirava mai indietro. In ogni caso agiva, offrendo la sua azione e la sua parola con generosità e semplicità. Per questo, credo, cessata la sua funzione di Assistente Ecclesiastico del nostro Riparto, siamo rimasti singolarmente legati a lui ed abbiamo continuato a ricorrere a lui, ogni volta che sentivamo bisogno del suo aiuto. Sapevamo che era sempre lì, pronto ad offrirci quello che aveva delle sue energie, della sua Fede, del suo amore, della sua vita di grazia.

Se potessi riassumere in poche parole la sua eredità, direi che ci h lasciato l’impegno della vita serena, anche se laboriosa, nella grazia, nella Fede, nell’amore, l’impegno a dare quello che è possibile per rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, nello spirito del suo testamento spirituale “ offro la mia vita per -al perseveranza nel bene di quei giovani che la Provvidenza mi ha affidato”.

 

Francesco Belloni

Padre Bè dava sicurezza e portava ad avere un rapporto con la natura e con Dio del tutto naturale, semplice, limpido…

Voglio solo farvi un esempio che molti di noi ricorderanno.

Padre Be ci portava d’inverno a sciare in Austria (campo invernale) dato che diceva che ci voleva forti, rinfrancati, robusti ecc.

Un episodio che dà il senso di Padre Bè.

Padre Bè si rivolge ad un ragazzo che voleva portare a sciare: Sai sciare? No padre, Sai andare in bicicletta? no padre. Sai pattinare? No padre. Bè allora sei fatto per venire a sciare, andiamo.

 

 

Gianni Villa Multedo

 

Ho conosciuto Padre Be’ nel 1947 presentatomi da Paolo Via che già con i fratelli era scout al Roma 39 a S. Roberto Bellarmino.

L’incontro è stato previdenziale, avevo da alcuni mesi perso la mamma ed avevo assoluto bisogno di una guida e Padre Be’ lo è stato.

L’ho seguito fino al 1954 attraverso i Campi di Champoluc, Bardonecchia, Soumpunt in Val Badia, Igls in Austria, Moso in Pusteria, Neustift in Stubaitall, Oberau in Austria (1951) e, infine in Val Fondillo (Campo Nazionale Eaploratori). Nel frattempo, ero diventato il Capo Riparto del Roma 28 (ne ero scout dal 1948) che ho cominciato a condurre autonomamente cercando di seguire i suoi insegnamenti. 

Ho avuto così modo di conoscerlo molto bene e, a distanza di 54 anni (è tornato inopinatamente alla Casa del Padre nel 1967) l’ho ancora nel cuore e nelle mie preghiere.

Ottimo organizzatore, riusciva con apparente facilità, ma con grande capacità a realizzare dei Campi sempre in posti meravigliosi. Un solo esempio. Eravamo nel 1947, la guerra era da poco finita, le difficoltà c’erano ancora tutte a cominciare dai trasporti e dai rifornimenti alimentari, eppure Padre Be’ riuscì splendidamente ad organizzare il Campo di Champoluc in Val d’Ayas con 110 scout, rovers (allora si chiamavano pionieri) e, pensate un po’, lupetti. Il Campo durò un mese ed andò tutto perfettamente. Bellissime escursioni ed attività varie. Ricordo una gita della durata di 11 ore ( il primo giorno), Lago blu, Cervinia, Plateau Rosa, Val Tornanche (pernotto) e, l’indomani, partenza per tornare a Champoluc. A qualcuno venne l’idea di scavalcare le montagne che separano le due valli . Mal ce ne incolse perché a sera eravamo ancora lontani dalla meta. Decidemmo, quindi, di pernottare in tanti piccoli rifugi per vacche e, l’indomani, con una splendida giornata di sole giù a “rompicollo” verso Antognod e poi Champoluc. E Padre Be’ sempre con noi. Una impresa indimenticabile che ancora ricordo con piacere- Ma Padre Be’, avendo saputo che un mio zio era dirigente di una Società di armatori, chiese e ottenne di far visitare l’intero gruppo una nave Liberty, un’altra bellissima esperienza.

Della sua capacità di organizzatore potremmo parlarne per pagine e pagine. Voglio ora parlarvi di Padre Be’ come Padre Spirituale. Era formidabile: sapeva capire se qualche ragazzo stesse attraversando un momento di difficoltà, se fosse in “crisi” , come si diceva allora, e subito interveniva. Ci prendeva sottobraccio e ci accompagnava in una passeggiata che poteva essere più o meno lunga a seconda dei casi. Al cui termine i problemi, se esistevano, erano risolti. Per noi era un secondo padre, una persona cui rivolgersi con piena fiducia perché sapevamo che amava profondamente tutti i ragazzi che il buon Dio gli aveva affidato. Ma anche noi. tutti, lo amavamo profondamente. La riprova si ebbe quando, a venti anni dalla sua dipartita nell’autunno del 1987, alcuni dei suoi fedelissimi fecero celebrare una Santa Messa a San Roberto Bellarmino. Ci presentammo in 300, provenienti da tutta Italia ed anche dall’estero. Fu una straordinaria manifestazione di affetto. 

Ma Padre Be’ oltre che essere Assistente Ecclesiastico di Gruppi Scout, fu anche  professore di religione al Collegio San Gabriele e del Convitto Nazionale dove portò il Roma 39 dopo l’esperienza a San Bellarmino.

Padre Bè, oggi lo guardiamo in fotografia, sorridente con al collo il fazzolettone blu-cremisi del Roma 39, il suo Roma 39. E quel sorriso ce lo ricorda molto bene, con la sua bonomia, la sua disponibilità, la sua fede profonda che ha cercato, senza posa, di trasfondere nei suoi ragazzi.

Ecco perché, dopo 54 anni, pensiamo a lui con affetto e cerchiamo di portare avanti la sua testimonianza si solidarietà, di attenzione ai bisogni degli altri, di servizio in particolare ai giovani che stanno vivendo momenti di difficoltà-